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Occhio alla convenienza
Che cosa vuol dire “tenere d’occhio la convenienza”? È un concetto valido per ogni scelta economica, ma ha più a che fare con il denaro – spendere meno a tutti i costi – o con il comportamento individuale e l’esigenza familiare?  Indubbiamente, ciò che può essere “conveniente” per un nucleo familiare di quattro persone difficilmente potrà esserlo per un single. Però, certe piccole regole di buon senso possono essere valide per tutti, a prescindere dal numero dei componenti la famiglia.   1. Se si va al supermercato è certamente più conveniente acquistare frutta e verdura di stagione piuttosto che le fragole a ottobre o il cocomero a dicembre.   2. È conveniente riempire la dispensa come se fosse un bunker in cui rifugiarsi in attesa di un uragano? Può essere una scelta intelligente per il bilancio di una famiglia numerosa, decisamente meno per un nucleo familiare normale che cerca il risparmio. Se trovate qualche offerta conveniente, può essere vantaggioso fare la scorta nel settore “no food”: difficilmente il detersivo per la lavatrice o quello per i piatti hanno le stesse scadenze del latte o delle mozzarelle.   3. Un altro approccio intelligente alla spesa con un occhio alla convenienza è quello di chi guarda al prezzo al chilo dei prodotti, elemento sempre indicato nelle etichette: le confezioni maxi riducono il prezzo al chilogrammo, mentre i single hanno imparato a puntare sulle porzioni singole. I meno pigri si buttano sulla creatività domestica e, dopo l’acquisto di confezioni maxi di carne o altri alimenti, confezionano porzioni mini da congelare o, comunque, consumare nel tempo.   4. Approfittate anche dei cosiddetti “carrelli a prezzo fisso”, dove vengono cioè inseriti una ventina di prodotti base, che permettono di portare a casa una spesa di qualità anche per meno di venti euro.   5. Infine, visitate negozi alimentari o supermercati negli orari a ridosso della chiusura: in particolare con il pesce, si può arrivare a risparmiare fino alla metà.
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Acquistare pesce e frutti di mare: occhio alla freschezza
Per essere sicuri di comprare pesce e frutti di mare sempre freschi, è possibile adottare alcuni semplici accorgimenti al momento dell’acquisto.   Pesce: Gli occhi devono essere limpidi e brillanti. Il corpo deve avere una brillantezza metallica, non dall’aria asciutta e scolorita. Le branchie devono avere un colore rosso acceso. Se state acquistando dei filetti, badate che la carne abbia un’aria compatta e che la pelle, se presente, non sia opaca e scolorita.  Se è presente del liquido, badate che sia trasparente e non lattigginoso.   Molluschi e crostacei: Prestate particolare attenzione nell’acquisto dei crostacei – come gamberi e scampi – perché vanno a male molto in fretta. Uno dei segni rivelatori di un crostaceo andato a male è un vago odore di ammoniaca.  Preferibilmente acquistate crostacei con la testa: è vero, le sole code sono più comode da gestire, ma i crostacei interi trattengono meglio l’umidità. Potrete sempre usare le teste per un ottimo fumetto di pesce.   I molluschi bivalvi come cozze e vongole si acquistano generalmente vivi. I molluschi morti non si apriranno in cottura: non forzate le conchiglie chiuse e gettatele via.   Infine, ricordate sempre questa regola generale: il pesce e i frutti di mare devono avere un odore fresco, piacevole, che ricordi l’acqua pulita. Fidatevi del vostro naso e rifuggite sempre dal pesce che emana un cattivo odore!
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Compra consapevolmente
Le più recenti statistiche descrivono le famiglie italiane come sempre più oculate negli acquisti. La crisi degli ultimi anni ha responsabilizzato un po’ tutti e anche chi non è stato direttamente toccato dalle difficoltà si guarda attorno, sentendosi coinvolto in una sorta di solidarietà collettiva che ha generato molti cambiamenti nelle abitudini di consumo.  “Consapevole” è diventata la parola d’ordine che riguarda ogni acquisto: a caratterizzare la spesa delle famiglie ci sono oggi molto meno impulso e molto più raziocinio del passato. D’altra parte, è vero che alcune voci non possono essere cancellate, con un colpo di spugna, dal bilancio familiare.  In cosa si traduce, concretamente, lo shopping razionale e consapevole? Come può la parola “consapevolezza” accompagnare le nostre scelte economiche? Dipende, certamente, dalle esigenze delle stesse famiglie, ma anche dalle molteplici opportunitàofferte, oggi, dal pianeta commercio.  Da un mondo che, appena vent’anni fa, era caratterizzato solo ed esclusivamente dai negozi al dettaglio – il macellaio, il fruttivendolo, la banca sotto casa e l’amico assicuratore – siamo passati con una velocità inarrestabile a un mondo molto concorrenziale, che ha visto sorgere enormi centri commerciali, outlet e spacci aziendali, accanto allo sviluppo a dir poco tumultuoso del commercio online.  Orientarsi non è facile e non è sempre detto che l’esasperata necessità di risparmiare trovi una risposta adeguata nei luoghi – sia fisici che virtuali – in cui i prezzi sono molto bassi. È opinione diffusa, tra gli italiani soprattutto, che “chi più spende, meno spende” e, dunque, anche andando a caccia di occasioni, vale sempre la pena buttare un occhio alla qualità, in tutte le categorie merceologiche.  Consapevolezza significa dare un calcio alla pigrizia e operare più confronti prima di acquistare l’articolo ricercato, soprattutto quando si tratta di un impegno economico rilevante (a proposito, se avete intenzione di rinnovare l’arredamento o il parco elettrodomestici, ricordate che il Governo ha appena varato un ricco pacchetto di incentivi fiscali, ma ne parleremo in un altro post).  Consapevolezza significa dare un’occhiata alle etichette dei prodotti, da quelli alimentari all’abbigliamento: conoscere la filiera che, dal produttore, porta la mozzarella sulla nostra tavola o la camicia addosso ai nostri figli è molto importante. Ci aiuta a capire come si formano i prezzi – “molti passaggi, molti ricarichi” – e a preferire così le produzioni più vicine a noi: risparmiamo e diamo una mano al nostro territorio. Tra l’altro, visto che nelle righe precedenti si citavano gli elettrodomestici, sappiate che anche questi hanno la loro “etichetta”: la vediamo appiccicata su frigoriferi e lavastoviglie dei vari rivenditori e viene messa in ottemperanza a una direttive europea del 1992 per informare sul consumo di energia degli apparecchi elettrici.  Consapevolezza significa avere coscienza dei propri diritti di consumatore, sapere che se si è “insoddisfatti” si ha il diritto ad essere “rimborsati”, a patto che si possano dimostrare i difetti del prodotto acquistato o, comunque, la validità delle proprie ragioni.  Quindi, invece di buttare subito tutti gli scontrini di ciò che compriamo, teniamoli almeno per qualche giorno visto che lo scontrino – o la ricevuta o la fattura – è il primo documento che ci permette di esercitare i nostri diritti.
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Siete single
Il nostro è un paese che, dal punto di vista delle politiche sociali, non si prende cura in maniera adeguata delle famiglie numerose. C’è però una categoria che lamenta ancora meno attenzioni: quella dei single, composta per lo più da donne e giovani. Secondo il Censis è la “forma familiare” più diffusa e quella che cresce di più: oggi sono sette milionigli uomini e le donne che vivono da soli e gestiscono un bilancio individuale.  Il più delle volte si tratta di un bilancio oneroso. A gravare su un unico individuo sono le bollette, le spese condominiali, così come il mutuo. Non esiste né una formula vantaggiosa per i single né per le famiglie numerose: le condizioni sul mercato sono uguali per tutti.  Qualche cifra può aiutare a capire che forza economica siano i single: secondo Coldiretti, i single spendono per gli acquisti alimentari il 71% in più in rispetto alla media delle famiglie. La spesa media per alimentari e bevande di chi vive da solo è stimata in 320 euro al mese: superiore del 71% rispetto ai 187 euro al mese destinati alla tavola da ogni singolo componente di una famiglia tipo italiana (formata da in media da 2,5 persone). A incidere sulla spesa mensile dei single sono, nell’ordine: carne (75 euro), ortofrutta (60 euro), pane, pasta e derivati dai cereali (50 euro), latte, yogurt e formaggi (45 euro), bevande (31 euro), pesce (26 euro), zucchero, caffè (22 euro) e per ultimo oli e grassi (12 euro).  I motivi della maggiore incidenza della spesa risiedono nella necessità, per chi vive da solo, di acquistare inevitabilmente maggiori quantità di cibo, visto che i formati adeguati sono rarissimi. Ben venga, quindi, la scelta commerciale di prendersi cura di questo esercito di persone immettendo sul mercato confezioni anche piccole di diversi alimenti.
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